12/03/2025

Il vero potere è sacrificare il potere.

 

Di tutti i miracoli di Gesù registrati nei vangeli, nemmeno uno fu per Suo personale beneficio. Gesù sempre usò il potere che Dio gli aveva concesso a beneficio degli altri.

Quando fu tentato dal diavolo nel deserto, Gesù si rifiutò di trasformare le pietre in pane, di adorare Satana per avere potere sui regni della terra e poi di chiedere l’intervento degli angeli, sui quali aveva certamente dominio, per salvarsi.

Quando era sulla croce e gli dissero: “ Se sei veramente il Figlio di Dio, scendi dalla croce e salva te stesso”, Gesù non usò il Suo potere e restò sulla croce, ubbidiente, fino alla fine. Se fosse sceso avrebbe beneficiato se stesso, ma avrebbe fatto abortire la missione che il Padre gli aveva affidato.

Questo preambolo serve ad introdurre il tema della mia riflessione di oggi che è relativa alla Chiesa.

Dio ha sempre usato e continua ad usare il Suo potere a beneficio dell’uomo. La Chiesa di Cristo, quindi, dovrebbe usare il potere e l’autorità che Dio gli ha conferito per beneficiare chiunque incroci sul suo cammino. La Chiesa, in altre parole, in accordo con la volontà e con il carattere di Cristo, ha il dovere di donarsi, di offrire al mondo l’amore di Cristo, innanzitutto attraverso la predicazione fedele del vangelo.

Torniamo un momento alla tentazione di Gesù nel deserto. Noi non siamo tentati a trasformare le pietre in pane, perché non ne saremmo capaci, così come non siamo tentati a buttarci giù da un palazzo perché sappiamo che gli angeli non ci faranno da cuscino, ma siamo invece tentati, quotidianamente, ad adorare chiunque ci possa dare qualcosa in cambio. È  questa l’idolatria. E l’idolatria, contrariamente a quanto si pensa, non è appannaggio soltanto dei cattolici che chiedono favori a Maria o ai santi, i quali non hanno ovviamente alcun potere, ma comprende anche gli evangelici, i quali spessissimo adorano Dio in cambio, comunque, di qualche favore o beneficio.

Parliamo di qualcosa di tangibile come il culto. È facile notare, per un occhio attento, una certa discrepanza tra la missione della Chiesa e ciò che avviene durante il culto. Il culto è qualcosa che dovremmo offrire a Dio; il culto dovrebbe essere il fine, ma spesso è un mezzo per avere qualcosa da Dio: benessere, beni materiali, potere, guarigione e cose simili. Magari queste  richieste non si manifestano in maniera scandalosa come nelle chiese adepte della cancerogena “teologia della prosperità”, ma la “teologia della prosperità” pare continuare ad avere accesso libero nei nostri cuori. Il culto a Dio non ci basta, la Sua adorazione non ci basta, la Sua presenza non è sufficiente: vogliamo di più, sempre di più, non sappiamo accontentarci. Vogliamo potere, cura, denaro.

Il culto, questa è l’impressione, spesso viene fatto più per soddisfare i presenti che il Dio al quale dobbiamo adorazione. Qual è il vero obiettivo del culto e della liturgia che lo sostiene? Avere successo? Riempire la chiesa? Fare di tutto perché il culto piaccia e le persone ritornino? Ho sempre sostenuto che le motivazioni sono spesso più importanti delle azioni in sé.

In questo senso, la liturgia adottata è la “pistola fumante” (la prova certa) di una teologia niente affatto biblica e quindi di un culto non biblico.  Il culto non necessariamente deve essere attraente o divertente: non è per noi. Il culto è una nostra offerta a Dio e deve esprimere adorazione e gratitudine, attraverso la lode e la predicazione biblica del vangelo di Cristo, evitando tutto ciò che è inutile e che non glorifica Dio in alcun modo. Al bando i teatrini e le storielle inutili che hanno il solo scopo di intrattenere il pubblico.


Gesù, rinunciò al Suo potere pur di non beneficiare se stesso, rifiutò di adorare il diavolo per avere un beneficio personale. Questo ci mostra un cammino da seguire: adorare Dio non deve essere un espediente per poter chiedere favori o  benefici. E ci insegna anche che il  vero potere è sacrificare il nostro falso potere. Le nostre strategie non si avvicinano nemmeno lontanamente al potere di Cristo sulla Sua Chiesa. Si vince perdendo. Meno di noi e più di Cristo.

 

Qoelet, riflessioni teologiche in tempi difficili by Matteo Attorre

 

 


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