07/06/2025

LA CHIESA E LA MODERNITÀ: UNA SFIDA POSSIBILE?

 

 

La riflessione odierna parte da un quesito che non so quanti si pongono: la chiesa attuale è pronta per le nuove sfide che la modernità le presenta? La società è in divenire, cambia quasi quotidianamente, e anche le nuove sfide che la chiesa deve affrontare sono sempre diverse. La società cambia, le sfide mutano, ma la chiesa rimane la stessa o, peggio, si adatta alla società, si curva alle leggi non scritte del mondo, senza però offrire soluzioni valide.

Nel mio ultimo libro, “Divini Incontri”, in uno dei primi capitoli, si racconta di quando i farisei ed i religiosi, ma probabilmente anche Giovanni Battista e i suoi discepoli, stavano “storcendo il naso” per il fatto che Gesù non si rifiutasse di parlare con ladri, prostitute e peccatori di ogni genere. Ciò, effettivamente, sembrava andare contro la severità e il radicalismo della predicazione del Battista, il quale, ad un certo punto, mentre era in prigione, mandò dei suoi discepoli da Gesù perché gli chiedessero: “Sei veramente tu il Messia o deve ancora venire?”. Si aspettavano tutti un leader che liberasse la Palestina dal dominio di Roma e non un falegname che si sedesse a parlare con tutti gli emarginati della società dell’epoca.

In realtà, sarebbe un errore pensare che Gesù fosse amico intimo di ladri e ubriaconi, che si sedesse con loro ridendo a crepapelle, dando pacche sulle spalle e minimizzando quindi il loro peccato. Gesù interagiva amorevolmente con loro, ma allo stesso tempo li confrontava in merito al peccato, spiegava il Regno di Dio e come poterci entrare. Nonostante ciò, i legalisti, i moralisti, i religiosi trovavano tutto ciò assolutamente rivoltante.

A volte rifletto sul fatto che forse ci siamo persi per strada il messaggio originale di Gesù, il quale attraeva i peccatori, gli emarginati e gli umili e non certamente i legalisti e i religiosi.  Ancora oggi esiste una grande difficoltà nel far comprendere a chi si sente sano che invece è malato: il religioso è colui che si sente perfetto e vede soltanto i peccati altrui, veri o presunti. E ci siamo anche persi per strada molti aspetti del carattere di Gesù, non soltanto perché preferiamo dipingerlo come un buon uomo pronto a tollerare qualsiasi peccato, ma anche perché spesso esiste una differenza sostanziale tra le nostre aspettative e la realtà del Vangelo.  

Il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, giustiziato dai nazisti per non essersi sottomesso al regime di Hitler, era abbastanza critico nei riguardi della “grazia a buon mercato”, la quale evidenzia soltanto la grazia e non la nostra condotta. Certamente Bonhoeffer non desiderava promuovere un ritorno al legalismo, ma un’attenta riflessione in merito al fatto che Dio prende il peccato talmente sul serio che, per liberarcene, ha dovuto mandare suo Figlio, il quale ha pagato, volontariamente, il prezzo infinito che esso comportava.

Volendo tornare al quesito iniziale, ossia se la chiesa attuale sia pronta per le sfide della modernità, è sotto i nostri occhi la realtà delle chiese inclusive, frequentate dalla comunità LGBT. Sta prendendo piede, in tutto il mondo, la moda della chiesa inclusiva, cioè di una chiesa che accoglie le persone così come sono affinché possano rimanere così come sono. Ormai esistono persino chiese dichiaratamente LGBT, dove spesso lo stesso pastore è gay e dove i membri possono continuare tranquillamente ad essere gay senza sentirsi in colpa nei confronti di Dio. Alla base di tutto ciò l’idea, non propriamente biblica, che Dio ama tutti indistintamente, che siamo tutti figli di Dio e che la Bibbia deve essere aggiornata e modernizzata, perché non più attuale. 

Ma qual è, in realtà, l’insegnamento di Gesù?  È il moralismo esasperato dei religiosi di ogni epoca oppure la “grazia a buon mercato” delle chiese super inclusive? Gesù è, come sempre, la risposta a qualsiasi domanda. Gesù accoglieva tutti, abbracciava tutti, amava tutti, ma lo faceva con l’obiettivo di spiegare, attraverso parabole abbastanza semplici, che cosa fosse il Regno di Dio e come fosse possibile farne parte. L’obiettivo di quelle conversazioni “con pubblicani e peccatori” era salvarli dalla condanna eterna attraverso una trasformazione spirituale, il pentimento e un reale cambiamento di vita.

Se per inclusione si intende che dobbiamo amare il prossimo, chiunque egli sia e comunque si presenti, allora dico che la chiesa attuale, quella tradizionale, è spesso poco inclusiva, e per tanti aspetti dei quali parlerò in un’altra opportunità. Se invece per inclusione si intende che dobbiamo “aggiornare” la Bibbia per adattarla ai gusti e ai desideri di coloro che non credono e non si riconoscono nelle Scritture, allora l’attuale chiesa super inclusiva, dove tutto è concesso, perché tanto “Dio ti ama per ciò che sei e non ti rigetterà mai”, è frutto di una fenomenale strategia di marketing creata espressamente dagli inferi.

La discussione, negli ultimi tempi, si è focalizzata soprattutto sulla questione LGBT, si diceva. Come si deve comportare la chiesa con la comunità LGBT, alla luce del Vangelo?  In realtà, si tratta innanzitutto di un falso problema, perché il peccato, alla luce delle Sacre Scritture, è qualcosa di più ampio della questione di genere. E poi, anche se a taluni sembrerà strano, non esiste soltanto il peccato sessuale, ma in realtà, anche il nostro orgoglio o la nostra piccola bugia feriscono il carattere santo di un Dio Santo.

La chiesa ha il dovere di conoscere e proclamare il Vangelo così com’è, con le sue scomode verità, e a tutte le creature, non importa se gay o trans, bugiardi o ladri, adulteri o calunniatori, assassini o egoisti. Il Vangelo tratta ogni forma di peccato e con tutti i peccatori, e non soltanto con alcune categorie. Nessuno, avendo avuto un incontro reale con Gesù, potrà restare ciò che era prima di averlo incontrato. Chi rubava non ruberà più, chi mentiva non dirà più bugie o si sforzerà di non dirle, chi era attratto dalla pedopornografia inizierà a lottare per non esserne più schiavo e così via.

La verità che non piace è che Dio è il Creatore ed è lui che decide che cosa è peccato e che cosa non lo è, ma è anche colui che può trasformare vite. Noi vediamo subito il gay e il trans, e li giudichiamo, ma non vediamo il padre di famiglia che va con le prostitute o con i trans, la donna che da anni è amante del collega di lavoro, la persona che è corrosa silenziosamente dal rancore e dall’odio, la “credente” che spettegola e calunnia come se non ci fosse un domani. O forse fingiamo di non vederli… Dio, al contrario, vede tutto, conosce tutti, e tratta con ognuno di noi, in maniera personale.

Alla chiesa non spetta decidere chi accogliere con amore e chi no, così come alla chiesa non spetta decidere se un peccato sia più grave di un altro. Alla chiesa non spetta giudicare, ma alla chiesa spetta accogliere tutti, e con amore.  Un amore reale, che ti induce a dire sempre la verità, che piaccia o meno, così come faceva Gesù. Non è la Bibbia che si deve adattare alle nostre pratiche, ma è esattamente il contrario. Chi non desidera seguire ciò che il Vangelo dice, è sempre libero di farlo; quindi, non è necessario giungere all’abominazione di trasformare il Dio Santo delle Scritture in uno stupido bonaccione a cui va sempre bene tutto per compiacere il nostro prossimo. Non è necessario stuprare la Parola per fare falsi proseliti o avere nuovi “clienti”; se amiamo realmente Dio, la Sua Parola ed il prossimo, dobbiamo proclamare il Vangelo nella sua interezza: poco importa se non verremo ascoltati o creduti, se verremo derisi o odiati. Il Vangelo è chiaro in merito alla potenza distruttiva del peccato, ma di ogni peccato e non soltanto di quelli commessi dalla comunità LGBT.

Chi convince l’uomo del peccato è lo Spirito Santo. A noi spetta soltanto proclamare il Vangelo, quello vero, con amore per le anime.  Non ci sono segreti: inclusivi nell’amare, nell’accogliere, nell’abbracciare il prossimo, ma allo stesso tempo, assolutamente esclusivi, perché non esistono, nel Vangelo, verità relative o soggettive, verità negoziabili. Il Vangelo, come sempre dico, è in realtà un’ottima notizia, ma all’inizio è qualcosa di assolutamente offensivo, un pugno nello stomaco, perché confronta l’uomo con una Verità che non gli piace affatto.  

Il Vangelo inclusivo è un’astuta invenzione che serve ad allietare l’esistenza terrena a dei condannati.  La grazia divina, messa in atto sulla croce da Cristo, è invece la possibilità, che viene data a dei condannati, di essere assolti, e per sempre.

La chiesa, oggi, nel suo insieme, non è pronta per accogliere la comunità LGBT. Che cosa potranno aspettarsi, decidendo di entrare in una chiesa, un gay o una lesbica dichiarati? Che cosa può aspettarsi un trans? Se questi entrano in una chiesa è perché stanno cercando una soluzione ad un loro problema, probabilmente spirituale. La chiesa quale soluzione sta offrendo o può offrire? Da una parte, avremo quelli che, per ignoranza, omofobia e mancanza di conoscenza del Vangelo, se non li escluderanno apertamente, fingeranno di amarli, ma poi li isoleranno come lebbrosi: sono chiese che attraggono i religiosi e desiderano avere sedie occupate esclusivamente da religiosi. Dall’altra parte, avremo quelli che, stuprando il Vangelo e raccontando menzogne, li faranno sentire sempre a loro agio, a prescindere da qualsiasi pratica e comportamento.

La chiesa deve offrire verità e speranza di una vita eterna. Anche qui ci siamo persi qualcosa per strada, perché si parla molto di questa parentesi terrena e quasi nulla di ciò che ci attende nell’eternità. Che Dio ci perdoni.

 

Qoelet, riflessioni teologiche in tempi difficili, il blog di Matteo Attorre


29/04/2025

Il potere del Vangelo è reale?

Romani 1:16-17

16 Poiché io non mi vergogno dell'evangelo, perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco, 17 poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: “Ma il giusto vivrà per fede”.

Ecco a voi il messaggio centrale del cristianesimo che è anche il tema dell’Epistola ai Romani. Martin Lutero ha dato inizio alla Riforma Protestante proprio dopo aver letto e finalmente compreso questi due versetti.

Sola fede, sola grazia, solo Gesù.

Paolo non si vergogna del vangelo, di aver creduto in Gesù quando era sulla via di Damasco per andare a scovare e arrestare i cristiani e poi portarli in catene a Gerusalemme con lo scopo di torturarli. Lui che odiava i cristiani e li perseguitava, adesso che era stato trasformato in servo del Signore e in apostolo, non poteva vergognarsi del vangelo. Al contrario, adesso Paolo era grato, si sentiva benedetto e privilegiato per aver conosciuto il vangelo.

Non si vergogna anche nel senso che non ha nessun timore nel predicare il vangelo. Noi sappiamo che è un peccato vergognarsi del vangelo, ma la maggior parte di noi commette questo peccato. Sappiamo che il vangelo non è attraente, ma intimorisce e può provocare nel prossimo ironia o addirittura odio. Abbiamo paura di predicare Cristo, quindi in altre parole ce ne vergogniamo. Alcuni di noi sono credenti 007, altri deturpano il vangelo per renderlo più attraente: salute, benessere, vittoria, prosperità, eccetera.

Il messaggio del vangelo è deturpato, ferito, soprattutto dagli “amici” del vangelo e non dai suoi nemici.

Paolo, quando dice che è un privilegio predicare il vangelo, mette in evidenza l’importanza fondamentale della predicazione e attribuisce un valore supremo e assoluto al ministero della Parola. Tutta la liturgia deve essere un corollario alla predicazione del vangelo.

Paolo si stava rivolgendo ai romani e Roma era la capitale dell’impero, che dominava il mondo attraverso la forza del suo esercit. Paolo dice che Dio era venuto a salvare il mondo attraverso un semplice falegname, nato in una mangiatoia e poi morto in maniera ignobile, vergognosa. Eppure, ai romani, popolo arrogante, Paolo stava dicendo che quel semplice falegname era Dio salvando peccatori. 

Nessuna vergogna, nessun timore. Perché? Perché il vangelo è la maggiore manifestazione del potere di Dio. È potenza, dimanite di Dio!

Il presupposto da cui Paolo parte è che l’umanità è perduta, non è salva, è condannata, vive nelle tenebre, e quindi ha la necessità di un Salvatore, di un Redentore. Tutti giacciono sotto l’ira di Dio. Tutti sono nemici di Dio, separati da Dio, perché spiritualmente morti. E solo Dio può vivificare un morto, solo Dio può trasformare spiritualmente un individuo e ciò avviene attraverso il vangelo. 

Il vangelo ha il potere di salvare. Persino i giudei sono perduti e hanno bisogno del vangelo, perché la legge non può salvare nessuno. Il vangelo inizia proprio così, con una brutta notizia: tutti hanno peccato e sono condannati alla dannazione eterna.

Dio salva peccatori soltanto ed esclusivamente attraverso il Vangelo, attraverso Suo Figlio Gesù Cristo, il quale è Dio che si fa uomo e poi muore sulla croce pagando il prezzo per i nostri peccati. Nella Lettera ai Romani la salvezza ha un significato ampio: Dio salva l’uomo delle conseguenze del peccato (ciò che non hai conquistato non lo puoi nemmeno perdere), dal potere del peccato e in futuro lo libera anche dalla presenza del peccato (nella resurrezione dei morti). Non esiste altra forma per essere salvi dalla condanna eterna.

La maggiore manifestazione del potere di Dio è la salvezza. Il cristianesimo è sperimentare questo potere di Dio attraverso il vangelo, credendo e obbedendo al vangelo. L’assurdità di un falegname che muore sulla croce per salvarci è, in realtà, la maggiore manifestazione del potere di Dio.

Un Dio amorevole che si sacrifica per noi, nella concezione dei pagani, abituati ai loro dei apatici, lontani e indifferenti, era ridicolo. Oggi è la stessa cosa: esiste un atteggiamento molto diffuso per il quale il cristiano è un ignorante, un credulone, un ingenuo.

... per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco

Di quelli che credono, quindi non di tutti. Tutto il mondo è peccatore, ma non tutto il mondo sarà salvo. E chi sarà salvo non lo sarà  per le opere, gli atti religiosi, per la sua moralità o bontà, ma per la fede. Uomini, donne, gente di ogni razza e colore della pelle.

Credere  è sufficiente? No, perché anche il diavolo crede. Credere non basta, ma è necessario abbracciare il vangelo, la sua verità, arrendersi completamente a Gesù, credere con tutto il cuore e con tutta l’anima che quel sacrificio sulla croce è per te.

17 poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: “Ma il giusto vivrà per fede”.

Dio rivela nel vangelo la Sua giustizia. Vediamo di comprendere bene la questione della giustizia. Dio è giusto, ma se tutti sono peccatori, non esistono innocenti da assolvere. Tutti devono essere condannati.  Dio, giusto giudice, non può assolvere (salvare) un innocente, ma è obbligato a condannarlo.

E il vangelo rivela la giustizia di Dio, il quale manda Suo Figlio per ricevere la condanna che spettava a noi, per riversare su di Lui l’ira che avrebbe dovuto riversare su di noi. Il castigo divino quindi cade su Gesù, il quale sulla croce si fa maledizione al posto nostro: questa è giustizia, perché qualcuno ha pagato al posto nostro.  Poi Dio prende la giustizia di Gesù e la imputa a noi, la trasferisce, la mette sul nostro conto (così come aveva messo sul conto di Gesù i nostri peccati). Dio quindi trasferisce i meriti di Cristo al peccatore.

Romani 8:1

Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,

E tutto ciò avviene per la fede. Il giusto, colui che è stato giustificato grazie a Cristo, vivrà per la fede ovvero colui che per la fede è reso giusto (viene giustificato), vivrà per la fede e per sempre. Sarà perseverante, fino alla fine.

Abacuc 2:4 

Il giusto vivrà per la fede

Nei capitoli 1 e 2 di Abacuc, il profeta domanda a Dio perché Lui stia permettendo che l’ingiustizia rimanga impunita in Israele. Dio risponde che il Suo piano è far venire i babilonesi per attaccare Israele  e punire così Israele per le sue pratiche di ingiustizia sociale. Abacuc allora dice: “Dio, ma come questo può essere giusto, visto che i babilonesi sono ancora peggio di Israele?

 

Dio risponde che esistono due modi di vivere: un modo è vivere per l’orgoglio umano, per la fede in se stessi e nell’uomo; l’altro modo è per la fede in Dio. La vera giustizia nasce quando abbiamo fiducia in Dio e camminiamo in obbedienza.

 

“ Egli è pieno di orgoglio e non agisce rettamente; ma il giusto per la sua fede vivrà”.

 

Giustificazione per la fede è un concetto importante nella Lettera ai Romani: siamo giustificati, resi giusti, soltanto perché crediamo che Gesù ci ha dato la Sua giustizia.

Attraverso il vangelo, cioè attraverso Cristo, Dio si riconcilia con l'uomo. Perché vergognarsene deturpandolo o restando in silenzio? 




Qoelet, riflessioni teologiche in tempi difficili, il blog di Matteo Attorre



 

LA CHIESA E LA MODERNITÀ: UNA SFIDA POSSIBILE?

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